Renato Sacerdoti – 1a Parte

a cura di Riccardo Rizzo – Roma Club Florida

“Finchè Sacerdoti ce sta accanto porteremo sempre er vanto e Roma nostra brillerà”

La Roma di Renato Sacerdoti, che fu presidente dal 1928 al 1941, seconda per longevità solo a quella di Franco Sensi (1993-’08), fu considerata la più forte squadra mai avuta dalla società per mezzo secolo. Solo con il presidente Dino Viola (1979-’91) i tifosi giallorossi torneranno a sognare e vincere, finalmente, lo scudetto tanto agognato. Il nostro Renato, chiamato “Il banchiere di Testaccio”, fu fondamentale nell’appianare i debiti delle società Alba e Fortitudo nel momento fatidico della “fusione” del 1927 per la creazione dell’A.S. Roma. Entrato in pianta stabile nella dirigenza giallorossa diventa il braccio destro del primo presidente Italo Foschi che dimettendosi passa il testimone proprio a Sacerdoti nel 1928. In questa stagione la Roma conquistata il terzo posto nella Divisione Nazionale e vince la Coppa Coni. Il fiore all’occhiello della sua gestione fu la costruzione di Campo Testaccio; utilizzato dal 3 Novembre 1929 al 30 Giugno 1940. L’impianto, che aveva una capienza di circa 20.000 posti ufficiali, fu progettato dall’ingegnere Silvio Sensi, padre dell’indimenticato Franco, sul modello dell’impianto sportivo Goodison Park di Liverpool eretto nel 1892 per ospitare le partite casalinghe dell’Everton F.C. Lo stadio costò alla Roma 1.530.000 Lire, la ditta costruttrice si chiamava Pasqualini e Vienna, aveva 4 tribune di legno verniciate di rosso porpora e giallo oro, le dimensioni del terreno di gioco venivano variate in base all’avversario che si incontrava la domenica: ristrette se l’avversario era più forte e ingrandite se l’avversario era considerato più debole. La partita inaugurale avvenne alla V giornata di campionato il 3 Novembre 1929: Roma -Brescia terminata 2 a 1 con reti di Rodolfo Volk al 49°, di Fulvio Bernardini al 60°. L’ultima partita fu disputata il 2 Giugno 1940, la Roma si impose sul Novara per 3 a 1 e l’ultima rete fu siglata da Francisco Eugenio Providente, bomber italo argentino che si era presentato nella Capitale nel 1939 con un curriculum prestigioso: aveva segnato con il Boca Junior 24 gol in 20 partire ma a Roma faticò ad adattarsi al “calcio europeo” andando in rete solo 5 volte in 21 partite. Al Testaccio si disputarono 170 partite; 112 vittorie, 32 pareggi, 26 sconfitte, 363 gol fatti, 112 subiti con una media reti segnate di 2,12 a partita e ben 85 clean sheet. Durante la sua gloriosa storia lo stadio ospitò ben 32 squadre avversarie, 7 furono gli allenatori romanisti che ebbero l’onore di sedere in panchina e vi si disputarono 10 derby di cui 7 vinti. L’impianto, sito in Via Zabaglia, era considerato in tutta Italia un fortino inespugnabile; la bolgia dei tifosi sosteneva fino all’ultimo respiro una squadra composta prevalentemente da romani che, pur essendo professionisti, sentivano una responsabilità in più: quella dell’appartenenza, qualità oggi rarissima tra i calciatori. Sin dall’inizio la “capienza” si dimostrò insufficiente e chi non poteva procurarsi il biglietto assisteva alle partite arrampicandosi sul vicino Monte dei Cocci o sulle vicine Mura erette dall’Imperatore Aureliano nel 278 d.c. Fu qui che la Roma dopo 2 stagioni disputate al Motovelodromo Appio, abbandonato in fretta e furia dopo il crollo di una copertura in cemento, iniziò a far tremare gli squadroni del Nord piazzandosi in seconda posizione nei campionati 1930/’31 e 1935/’36 e terza nel 1931/’32. I prezzi per assistere agli incontri erano così suddivisi: Tribuna coperta 30-35 Lire, Tribuna laterale 20-25, Distinti 12-15, Gradinate 8-10, Popolari 5-6.   La storia, però, ci insegna che tutto ha una fine; già nel 1938 l’impianto cominciava a dare segnali di cedimento e si dimostrò sempre meno adatto ad ospitare una tifoseria che cresceva a dismisura. La storia di Campo Testaccio, dopo un parziale restauro, termina con il suo abbattimento il 21 Ottobre 1940. La squadra capitolina si trasferisce dal 1940 al 1943 allo stadio del P.N.F (Partito Nazionale Fascista) costruito dall’architetto di Regime Marcello Piacentini che conteneva più di 43.000 spettatori e che nel 1934 aveva ospitato la finale dei Campionati Mondiali di Calcio vinta dagli Azzurri sulla temibile Cecoslovacchia. Tutti noi romanisti ricordiamo perfettamente ancora oggi la famosa canzone “Campo Testaccio” composta nel lontano 1931 dal cantautore romano Totò Castellucci sulle note di un tango argentino che fu colonna sonora del film “La canzone dell’amore”.

Questo “inno” non fu mai pubblicato su vinile ma continuò ad essere tramandato oralmente da padre in figlio fin quando nel 1977, in occasione della celebrazione dei 50 anni di vita dell’A.S Roma, fu inciso su disco che fu allegato nel famoso libro di Sandro Ciotti “La Roma racconta”.

Non molti, invece, conoscono il film girato nel 1932 dal Maestro Mario Bonnard che si intitola “Cinque a zero”. Questa pellicola, andata perduta e ritrovata negli archivi della televisione pubblica francese, narra, in maniera un po romanzata, la folgorante vittoria che la Roma inferse allo squadrone juventino il 5 Marzo 1931 proprio al Campo Testaccio. I marcatori della giornata furono Lombardo al 6°, Volk al 50°, Bernardini su rigore al 60°, Fasanelli al 78° e ancora Bernardini all’87°. Questi indimenticabili atleti furono protagonisti del film insiemi agli altri compagni di squadra come Ferraris IV, Chini, Dugoni e Masetti che si girò in gran parte allo Stadio Testaccio. Lo stadio fu costruito velocemente ma il nostro amato presidente, da uomo d’affari quale era, sapeva che una squadra di calcio aveva bisogno di solide strutture che andavano cementate stagione dopo stagione e scelse subito come architetto il più celebre allenatore in circolazione: l’inglese William Thomas Garbutt. Il britannico dopo aver disputato una brillante carriera da centrocampista con Blackburn e Arsenal sbarca in Italia all’ombra della Lanterna rossoblù nel 1912 restandovi allenatore fino al 1927. Con il Genoa vince gli scudetti delle stagioni 1914/’15, 1922/’23 e 1923/’24 e si tolse anche la soddisfazione di allenare la nazionale italiana tra il 1913 e il 1914 anno in cui scoppiò la Grande Guerra. Sacerdoti comincia a far parlare di se, strappa letteralmente l’allenatore al Genoa, i tifosi sono increduli: l’allenatore più famoso e vincente sta sbarcando nella Capitale e si intuisce che a Roma non sarà più così facile prendersi i 2 punti e che pure un pareggio sarebbe un bel bottino. A Garbutt il calcio italiano dovrà essere sempre grato; introdusse una visione di gioco più professionistica, sviluppò nuove tecniche e metodi di allenamento facendo evolvere l’allenatore come figura di riferimento per l’intera squadra e fu così che lo chiamarono “Il Mister“ (da lui proviene l’uso attuale di come chiamare l’allenatore di calcio). Opera una rivoluzione metodologica curando l’aspetto tecnico dei giocatori migliorandone i fondamentali, introdusse una dieta adeguata e fece dei calciatori veri atleti come oggi intendiamo. Fu con noi solo 2 stagioni, continuò ad insegnare calcio in tutta Europa fino al 1949: ben 36 anni in panchina. Cominciano ad arrivare anche giocatori importanti tra i quali qualcuno entrerà a far parte dell’Olimpo giallorosso come il centrocampista offensivo Fulvio Bernardini, romano, classe 1905, nazionale italiano dall’età di 19 anni, Sacerdoti lo volle a tutti i costi e sbocciò un amore tra Fuffo e la Roma lungo 11 anni. 286 presenze 47 gol segnati. Per assicurarsi caterve di gol il “Banchiere di Testaccio” strappa al Napoli del presidentissimo Ascarelli l’astro nascente del calcio europeo: il ventiduenne fiumano Rodolfo Volk che a Roma tra il 1928 e il 1933 segnerà 102 gol in 157 partite, vincendo la classifica marcatori nel 1930/’31 con 28 gol in 33 partite. Agli albori degli anni ’30 i tifosi romanisti sognano a occhi aperti e i “colpi di mercato” non finiscono qui. Nella stagione 1930/’31 viene comprato il portierone veronese Guido Masetti che difese la nostra porta fino al 1943, laureandosi campione d’Italia nel 1941/’42 ma anche 2 volte campione del mondo, unico nella storia della nostra Roma. Gli affari durante il fascismo vanno bene a Sacerdoti, le sue proprietà si ingrandiscono e i ricavi sono investiti nella sua creatura che vede risplendere stagione dopo stagione, fu così che nel 1933 viene ingaggiato il fuoriclasse italo argentino Enrico Guaita, attaccante. In 2 stagioni realizza 42 gol in 61 partite, campione del mondo nel 1934 con gli azzurri realizza il gol vincente nella semifinale di Milano contro l’Austria il 3 Giugno. Con Guaita arriva dall’Argentina anche il vice campione del mondo del 1930 l’uruguagio Alejandro Scopelli. Così ogni anno a Giugno i tifosi si aspettano “il colpo”, la terza stella sudamericana è il centrocampista argentino Andres Stagnaro che fu con noi 2 stagioni, per capire l’importanza di questo acquisto basta dire che provocò una vera sollevazione popolare tra gli ex tifosi del Racing Club Avellaneda. Nella stagione 1934/’35 la Roma può, a detta di tutti, ambire al titolo: viene acquistato dal Bologna a suon di milioni Eraldo Monteglio, terzino, fresco campione del mondo e futuro iridato 1938. Dopo il ritiro conobbe il Duce e ne divenne l’allenatore personale dei figli fin quando Mussolini non fuggì a Salò. Dall’Inter arriva un altro campione del mondo: il difensore Luigi Allemandi. Ma i sogni del Presidente e di tutti i tifosi non furono esauditi, la Roma fece un ottima stagione, lottando a lungo per il primo posto, Guaita fu capocannoniere con 28 reti ma vinse la Juve e i giallorossi si dovettero accontentare del quarto posto. Sacerdoti non si scoraggiò, non era nel suo carattere, ma nubi minacciose provenienti dal nord dell’Europa cominciano ad addentrarsi anche sullo Stivale. Ora comincia una nuova storia che ha per protagonista sempre Renato Sacerdoti ma non più come uomo d’affari, presidente di calcio o alto gerarca fascista ma come industriale corrotto, bancarottiere, depravato ebreo e traditore al soldo delle democrazie plutocratiche. Ma tutto questo lo scopriremo nella prossima puntata di ROMARCORD.