Renato Sacerdoti – 2a parte

a cura di Riccardo Rizzo – Roma Club Florida

Nell’articolo precedente abbiamo conosciuto il Sacerdoti presidente della Roma, ma chi era Renato Sacerdoti? Per rispondere a questa domanda bisogna cominciare dall’inizio e precisamente dal 20 Ottobre 1891: giorno della nascita del protagonista di questa storia.

Renato nacque a Roma, il padre Dino Finzi era un ebreo veneto che aveva trovato fortuna nella Città Eterna dopo il 1870. Anche se di famiglia benestante Renato, a 16 anni, entra nel Collegio Militare e allo scoppio della Grande Guerra partì volontario nella speranza di servire la Patria. Partecipò alle battaglie del Piave sempre in prima fila e tornò a casa, a guerra finita, con un proiettile conficcato nel miocardio che gli rimase in corpo per tutta la vita. Anche il fratello Ettore partì volontario per la Prima Guerra mondiale ma non tornò mai a casa. Dismessa la divisa a 27 anni Sacerdoti entra con successo nel mondo degli affari e nel 1920 si iscrive al Partito Nazionale Fascista divenendo subito un personaggio di spicco nel neonato movimento guidato da Benito Mussolini.

Il 28 Ottobre 1922, giorno della Marcia su Roma è nuovamente in prima fila questa volta alla testa dei suoi camerati. Ascesa fulminea, nel 1926 è già il maggiore azionista della Banca di Credito, investe in terreni agricoli in Umbria accumulando ettari e milioni di lire. Nel Marzo del’28, a soli 36 anni è eletto presidente dell’AS Roma a favore della quale spenderà decine di milioni delle vecchie lire per acquistare i calciatori che la fecero assurgere a squadra protagonista della Serie A. E’ proprio il caso di dire che il nostro Presidente navigava col vento in poppa ma allora perchè il 3 Giugno 1935 dà le dimissioni dalla presidenza dell’AS Roma? Forse pochi di noi ricordano il “caso dei 3 stranieri”: i calciatori in questione sono gli oriundi argentini Guaita, Stagnaro e Scopelli per i quali anni addietro Sacerdoti si era svenato economicamente per portarli nella Capitale. I tre calciatori italo argentini fuggirono notte tempo perchè come oriundi avevano paura di venir chiamati al fronte per partecipare all’imminente conflitto contro l’Etiopia che sarebbe deflagrato il 3 Ottobre 1935. Secondo i ben informati fu il presidente della Lazio Federico Vaccaro, gerarca fascista, che aveva prospettato agli italo argentini la possibilità di partire per il fronte che invece era già stata scongiurata dai dirigenti dell’AS Roma. Tra Vaccaro e Sacerdoti non correva buon sangue erano entrambi fascisti ma uno laziale e l’altro romanista. La stampa rincara la dose, scoppia un caso giornalistico dove si insinua che nella vicenda dei 3 stranieri ci possa essere lo zampino di Sacerdoti per un ipotetico traffico illecito di valuta. Ma i guai per il nostro Renato erano appena cominciati, siamo nel 1936 e l’Italia di Mussolini si avvicina alla Germania di Hitler: le idee naziste cominciano a fare breccia nelle menti di molti camerati italiani, una fra tutte l’antisemitismo. E pensare che il fascismo aveva poco di antisemita, lo dicono i numeri: 44 senatori erano ebrei, il capo del Consiglio Nazionale Fascista era l’ebreo Gino Arias, Aldo Finzi, veterano della Marcia su Roma era sottosegretario del Governo fascista. Il giornale diretto da Mussolini, Il Popolo d’Italia, fondato nel 1914, era finanziato dall’imprenditore triestino Cesare Goldmann. Guido Jung fu Ministro delle Finanze tra il 1934 e il ’35 e parlamentare in 3 legislature. Alberto Luzzi era Centurione della Milizia personale del duce e volontario nella Guerra di Spagna nel 1936. Maurizio Rava Governatore della Somalia tra il 1931 e il ’35, lo stesso che fonda la prima sezione romana dei Fasci di Combattimento (1919). Paolo Salem e Renzo Ravenna erano rispettivamente Podestà di Trieste e Ferrara. Anche nell’esercito gli ebrei erano numerosi, basti pensare che durante la guerra d’Etiopia al seguito dell’Esercito Italiano c’erano cappellani militari ma anche 2 rabbini militari. Saranno circa 3000 gli ufficiali ebrei “congedati” dall’esercito a seguito delle Leggi razziali che diventano una realtà ufficiale nel Novembre 1938 dopo 2 anni di preparazione psicologica che servì a far accettare questo provvedimento agli italiani. Sacerdoti, vedendo la situazione precipitare, nel Gennaio 1937 si converte al cristianesimo e battezza i figli ma oramai è troppo tardi; per via della sua centralità nel mondo della finanza egli costituiva il bersaglio e la vittima perfetta. La Roma era una squadra a fortissima impronta ebrea, come Sacerdoti dal Roman F.C entrano nell’AS Roma, quali consiglieri e amministratori, molti businessmen del Portico d’Ottavia: tra i più famosi citiamo Ascarelli, Spizzichino e Della Seta.

L’accusa che distrusse definitivamente Renato Sacerdoti avvenne il 6 Ottobre 1938 quando il “Popolo d’ Italia” riferisce dell’arresto a Bardonecchia di una certa Violek Kay che stava tentando di esportare in Francia la somma di 1 milione di lire. L’articolo tuona: “il fornitore materiale del milione è un ebreo”, si tratta di Sacerdoti che il “Popolo d’Italia” definisce “agente di cambio ben noto a Roma dove si era infiltrato negli ambienti sportivi accaparrandosi funzioni importanti”, nell’articolo non si menziona l’AS Roma. Sempre il “Popolo” due giorni dopo rincara la dose con un titolo cubitale in prima pagina: “Come fu smascherato l’ebreo contrabbandiere di valuta”. L’articolo si scaglia contro la diavoleria di Sacerdoti “fondata sull’attitudine tipicamente ebrea a corrompere col denaro le persone per spingerle a delinquere” e inoltre “…tutta una vita dedicata alle più losche speculazioni, agente di cambio, organizzatore di lotterie” e poi “…criminosa associazione…pena esemplare…delitto verso la Nazione…”. A questi articoli fece eco anche il Corriere della Sera: “…trucchi di ispirazione giudaica, l’episodio dell’ebreo Sacerdoti è il più clamoroso…”.

Nel Dicembre 1938 comincia il processo, Sacerdoti nella sua difesa dimostra che al momento del trafugamento di valuta lui era in Grecia da molto tempo per trattare l’acquisto di una miniera di Nichel fondamentale per il Regime. Ma il verdetto era già scritto, il 14 Dicembre 1938 Sacerdoti è condannato a 5 anni di confino che lo vedrà esule a Ponza, Ventotene e molti altri posti sperduti del nostro Stivale. Nell’esilio, che durerà fino al 27 Luglio 1943, Renato, fascista della prima ora, eroe della Marcia su Roma, si sente tradito e scrive numerose lettere al Duce verso il quale si appella ricordandogli “…su di me, cattolico, combattente della Grande Guerra, ferito, decorato al valore fascista, tesserato dal 1920, famiglia di patrioti, 4 fratelli tutti volontari al fronte…” Il Duce non risponde oppure non ricevette mai queste lettere ma lui imperterrito continua a scrivere dalle isole dimenticate da dio dove era “prigioniero”: “…consentitemi Duce di combattere ancora per Voi, per l’Italia e per il Fascismo”. Finalmente dopo 4 anni e 7 mesi di confino Sacerdoti è libero e può tornare a Roma ma si sente defraudato oltre che dai numerosi beni confiscati anche dello Scudetto che la sua Roma aveva vinto nella stagione 1941/’42. Non c’è tempo, il 9 Settembre 1943 le truppe tedesche, guidate dal Generale Kesserling, occupano l’Urbe e cominciano il rastrellamento degli ebrei romani già il 16 Ottobre successivo, deportando ad Aushwitz circa 2.000 persone. Sacerdoti capisce perfettamente che “…questi, non ti mandano su un’isola ma in un campo di sterminio e allora ho sfruttato le mie numerose conoscenze in Vaticano, ho preso il saio da monaco e mi sono nascosto nel convento di San Pietro in Montorio al Gianicolo.” Le pene finirono per il nostro Presidente quando Roma viene liberata dagli anglo americani la mattina del 6 Giugno 1944.

A guerra finita Sacerdoti, come il resto degli italiani, si rimbocca le maniche e rientra in possesso delle sue aziende e proprietà terriere. Gli mancava una sola cosa di quello che gli avevano tolto: la sua Roma.

Nella terza e ultima puntata di questa “storia italiana” tinta di giallo, rosso e nero, ritroveremo Renato Sacerdoti di nuovo al timone della nostra amata Roma in un periodo difficilissimo per la squadra capitolina.