LA MAGLIA SUDATA

Il punto sulla squadra della nostra redazione.

Negli ultimi anni le aspettative nei confronti della squadra sono sempre state alte ma probabilmente non si è mai fatta una valutazione approfondita e seria della qualità complessiva di una rosa in continuo cambiamento.
Sono arrivati giocatori che hanno alimentato le fantasie dei tifosi e della stampa, Dybala e Lukaku su tutti, ma che allo stesso tempo hanno coperto quelle che erano e sono le vere problematiche di una squadra.

Per capire ancora meglio le “responsabilità” di un gruppo squadra basterebbe guardare quanti allenatori si sono alternati (o bruciati) sulla panchina della Roma dall’arrivo della prima proprietà americana: Montella, Luis Enrique, Zeman, Rudi Garcia, Spalletti, Di Francesco, Fonseca, Mourinho, De Rossi e infine Juric. Senza dimenticare la veloce parentesi di Andreazzoli e la finale-derby di Coppa Italia persa in modo vergognoso.

Si sa che è più facile sostituire una sola persona piuttosto che venti, ma quante volte avremmo voluto fare piazza pulita di tanti giocatori? Negli ultimi anni il via vai di calciatori dentro Trigoria è stato frenetico, tra acquisti a titolo definitivo, prestiti e scambi sono stati centinaia gli atleti che sono entrati e usciti.
La moltitudine di allenatore e i tantissimi giocatori transitati hanno impedito di dare un’identità precisa alla squadra fatta eccezione, forse, per i primi due anni di Mourinho. Il tecnico di Setubal a fronte di un gioco non proprio esaltante, era quanto meno riuscito a dare un’impronta alla squadra trasferendo la sua grinta e la sua voglia di non arrendersi mai; i ragazzi seguivano questa linea fino a consumarsi e a non arrendersi mai insieme all’allenatore ma non può bastare all’infinito solo il carattere per giocare a calcio, ci vogliono anche i piedi buoni.

Oltre agli arti inferiori quello che manca da troppo tempo a Trigoria è la figura di un leader in campo, l’ultimo che possiamo definire in questo modo è stato Daniele De Rossi che però ha smesso di giocare con la Roma nel 2019. Ci sono stati e ci sono tutt’ora giocatori di primo livello ma che non hanno quelle caratteristiche che ad esempio vanno oltre l’indossare una fascia da Capitano.
È un ruolo complesso che richiede una combinazione di qualità personali, tecniche e relazionali. Un leader in campo è colui che ispira e motiva: è in grado di trascinare i compagni di squadra, infondendo loro fiducia e determinazione, soprattutto nei momenti difficili. Unisce il gruppo: crea un senso di coesione e di appartenenza, favorendo un clima positivo e collaborativo all’interno della squadra. Prende decisioni: è proattivo e assume responsabilità, sapendo prendere decisioni rapide ed efficaci anche sotto pressione. È un esempio: sia dentro che fuori dal campo, il leader è un modello di comportamento per i compagni, dimostrando professionalità, impegno e rispetto delle regole. Comunica efficacemente: sa ascoltare e farsi capire, comunicando in modo chiaro e conciso le proprie idee e le proprie aspettative. Gestisce i conflitti: è in grado di mediare e risolvere eventuali divergenze all’interno del gruppo, mantenendo un clima sereno.

C’è poi un altro aspetto sempre molto caldo a Roma che alimenta il chiacchiericcio continuo dei media: il capitolo senatori. Aggettivo bruttissimo che viene accostato ai giocatori che militano da più tempo nel club e che inevitabilmente possono creare aspettative, tensioni e distanze in un gruppo. In un calcio in cui tutto cambia sempre più velocemente è anacronistico parlare di senatori, gli ultimi che possono definirsi tali nel calcio italiano sono forse stati Totti, Maldini e Buffon.

E in uno sport che brucia tutto dalla sera alla mattina è abbastanza anomalo trovare giocatori che militano nello stesso club per 6/7 anni; è il caso di Cristante e Pellegrini, non a caso al centro da diverso tempo di critiche accese da parte della tifoseria. Spesso la stampa si sofferma su aspetti che niente hanno a che vedere con le prestazioni di un giocatore andando a cercare problematiche extra-campo.
Ma spesso le cose sono più semplici di quanto possano apparire, a volte è solo una questione di…tempo! Non troverete altra squadra in Italia e nei principali campionati europei con una coppia di centrocampisti inamovibili da così tanti anni e, se fino alla scorsa stagione le alternative non erano così esaltanti, gli investimenti su giocatori giovani di quest’anno devono necessariamente portare ad un cambiamento.

Inseguire solo i grandi nomi non ha portato i risultati sperati, motivo in più per puntare su giocatori giovani e sulla continua crescita del settore giovanile della Roma. Pisilli è solo solo l’ultimo innesto proveniente dalla squadra Primavera che negli ultimi anni ha lanciato veramente tanti ragazzi nel calcio che conta, su tutti Calafiori senza dimenticare Bove, Volpato, Tahirovic, Faticanti e Zalewski.

Parliamo di ragazzi che vanno dai 17 ai 20 anni e che per crescere hanno bisogno di giocare, essere sostenuti dai tifosi e saputi aspettare fino alla loro maturazione. Investire sui giovani talenti permette di risparmiare sui costi dei cartellini, rispetto all’acquisto di giocatori già affermati e di rafforzare l’identità della squadra creando un legame più forte con i tifosi.

Il lavoro da fare è enorme ma non impossibile, richiede serietà da parte della società e un forte rafforzamento del gruppo tecnico affiancando all’allenatore figure competenti e con un’idea condivisa di calcio. La squadra invece deve metterci passione e non adagiarsi nella dolce vita romana come troppe volte è successo.

I sacrifici che ogni domenica compiono i tifosi giallorossi meritano grande rispetto e quanto meno la maglia sudata.

Luca Panno – Roma Club Parma